A chat about the Italian language - pt. 1

Trascrizione

M: Ciao a tutti ragazzi e ragazze, benvenuti in questo nuovo video! Oggi sono qui con Andrea e parleremo della lingua italiana, diciamo così. Quindi, ciao Andrea! Hai voglia di presentarti un attimo, dirci chi sei, cosa fai, senza specificare magari.

A: Sì, ciao Margherita e grazie mille per avermi invitato. Io mi chiamo Andrea e che cosa faccio nella vita. Sono diciamo un insegnante di italiano, possiamo dire teaching assistant, attualmente lavoro al Dartmouth college in negli Stati Uniti in share lavoro presso il dipartimento di francese italiano e mi occupo in particolare dell'organizzazione degli eventi culturali del programma di italiano e anche di diversi aspetti della didattica. Ecco, sono laureato in... in realtà sono laureato in slavistica, quindi in russo, in lingua e letteratura russa, ma mi sono anche specializzato in didattica dell'italiano. Quindi, sono un tuo collega.

M: Esatto, e sei qui diciamo in vece di esperto, di esperto della lingua italiana.

A: Grazie, mi rende molto onore!

M: Te lo meriti! Eh, infatti, avrei qualche domanda un po' specifica e anche secondo me abbastanza interessante riguardo alla lingua italiana. Innanzitutto, ti volevo chiedere appunto cos'è la linguistica e cos'è anche magari la sociolinguistica.

A: Sociolinguistica, ok. Allora, definire che cos'è la linguistica così brevemente è abbastanza difficile. Possiamo dire semplificando proprio al massimo che la linguistica è lo studio del funzionamento del fenomeno lingua e in tanti suoi aspetti. Non abbiamo ... cioè, la linguistica ha tante branche, no, diverse. Abbiamo appunto... possiamo avere la psicolinguistica, possiamo avere la sociolinguistica. Quindi, diciamo si studia il fenomeno lingua attraverso... cioè nelle sue diverse realizzazioni, ecco. Poi, come possiamo dire, la linguistica se vogliamo nel senso più tradizionale del termine allora va a studiare diciamo fenomeni come la morfologia; quindi, le modalità secondo cui la lingua codifica i suoi morfemi, in quella lingua modifica la struttura delle sue parole. C'è la fonetica che invece studia, no, le modalità secondo cui le diverse lingue codificano, determinano gli aspetti sonori, fonetici, fonologici. Poi abbiamo... ad esempio ci può essere lo studio del lessico, le modalità secondo cui, no, le lingue codificano e catalogano il lessico, no. Quindi ... la sintassi, quindi le modalità secondo cui le diverse lingue codificano e.… codificano l'ordine della frase, l'ordine del periodo, l'ordine del discorso. C'è l'analisi della conversazione. C'è la pragmatica anche che secondo me è una delle parti più affascinanti della linguistica. Cioè, la pragmatica va a studiare le modalità secondo cui a una lingua raggiunge determinati scoppi, no. Un italiano raggiungerà un determinato scopo in maniera linguisticamente diversa rispetto a come, no, la raggiunge magari un parlante di madrelingua inglese. E quindi sì, diciamo la linguistica è questo, è lo studio del fenomeno lingua. E secondo me una cosa importante è che è bene sottolineare la distinzione tra linguistica e grammatica, e studio prescrittivo della grammatica, che è la prima cosa che si impara, no, quando si fa un corso di linguistica all'università. E spesso a me succede, no, che mi dicono: "Ma tu hai studiato le lingue, tu hai studiato la letteratura, hai studiato la linguistica" e mi chiedono magari, no, ma questa cosa è giusta in italiano? Diciamo che un linguista non ti dirà mai che una cosa...se una cosa è giusta o sbagliata, no? Un linguista ti potrà dire se un qualcosa è sociolinguisticamente appropriato, se una cosa è appropriata, se una cosa non segue la norma oppure se una cosa, se una proposizione, una locuzione, no, è tipica di un parlato slang. Ti potrà dire questo, ma non ti potrà mai dare un giudizio di valore, no, è giusto o sbagliato. La linguistica non fa questo. La linguistica descrive la lingua. Ecco quindi come potremmo veramente definire la linguistica: la descrizione della lingua, mentre la grammatica, quella che abbiamo sui nostri manualetti, no, quella non è linguistica, quella è grammatica prescrittiva che dice in italiano si fa così così. e colà. Chiaramente abbiamo bisogno sempre di una norma, abbiamo bisogno di una norma linguistica, no. La norma linguistica si negozia, no, è una cosa che si negozia e che muta nel tempo. Ecco la linguistica può ad esempio magari studiare questo, ma la linguistica non ti dirà mai: "Il congiuntivo qui è giusto, il congiuntivo qui è sbagliato". Ecco, quindi, secondo me questa è la cosa più importante da dire sulla linguistica forse.

M: É vero hai ragionissima, concordo pienamente e hai detto prima appunto ti dice se è sociolinguisticamente accettato o meno. Cosa intendi per sociolinguisticamente accettato? Cos'è la sociolinguistica?

A: Allora la sociolinguistica è una delle tante branche, no, della linguistica che si occupa in particolare di studiare di descrivere il fenomeno lingua nel momento in cui il fenomeno lingua è calato, no, all'interno di una di una dimensione sociale. Sembra una cosa banale, ma non è poi così banale perché molto spesso quando studiamo le lingue secondo metodi, no, prescrittivi, grammaticali prescrittivi, ci dimentichiamo che la lingua in realtà è un qualcosa di vivo, è un qualcosa che viene parlato, è un qualcosa che viene parlato e diciamo finiamo quasi per dimenticarci il motivo per cui noi studiamo una lingua, no. Noi studiamo una lingua perché vogliamo utilizzare questa lingua per comunicare, no, o magari anche c'è chi studia l'italiano perché vuole leggere la letteratura italiana, ma si tratta sempre di una forma di comunicazione. Ecco che sarà in questo caso scritta, non sarà in questo caso orale, ma sempre di comunicazione si tratta. Quindi noi studiamo la lingua per comunicare e la sociolinguistica pone, no, prima di tutto l'attenzione su questo. La lingua è uno strumento utilizzato per la comunicazione e la sociolinguistica ci fa capire, ci ricorda che non esiste una lingua, che la lingua non è un elemento monolitico, cristallizzato, come può essere quello che troviamo nel manuale di grammatica italiana, ma la lingua è un qualcosa che innanzi tutto evolve nel tempo. Quindi questo si chiama criterio di descrizione diastratica, no, e nel corso del tempo la lingua si evolve. La lingua italiana parlata 200 anni fa era diversa dalla lingua italiana che parliamo oggi, ma anche la lingua italiana parlata a 20 anni fa è diversa dalla lingua italiana che parliamo oggi. Anche la lingua italiana che si parlava un anno fa può essere diversa dalla lingua italiana che parliamo oggi. Un altro criterio attraverso cui possiamo osservare, no, la variazione all'interno della lingua (e la sociolinguistica descrive la variazione) è ad esempio il criterio geografico, no. A seconda del contesto geografico in cui vivo, e questo si chiama contesto criterio, no, di descrizione diatopica, a seconda del luogo geografico in cui mi trovo parlerò un tipo di italiano diverso. Un italiano pur appunto controllato il più possibile sarà un italiano diverso da quello di una persona che viene da un'altra zona. Io in questo momento mi sto sforzando di parlare un italiano controllato, pulito, ma non sarà mai un italiano perfettamente standard e sarà un italiano diverso dal tuo. Tu, ad esempio, ti ho sentito dire [‘be:ne]. Io direi [ˈbɛ:ne]. Quale è giusto, quale sbagliato? Allora, se proprio vogliamo andare a guardare le regole della dizione, quello giusto sarebbe [ˈbɛ:ne], ma appunto come detto la sociolinguistica, la linguistica in generale, non dirà mai che cosa è giusto e cosa è sbagliato. Nella mia varietà diatopica, ciò che è giusto per la mia varietà diatopica, ciò che è norma nella mia varietà di atopica sarà [ˈbɛ:ne]. Ciò che è norma nella tua varietà diatopica sarà [‘be:ne] e noi ci capiamo tranquillamente, insomma. Un altro criterio è quello diastratico, è quello che va a osservare invece la variazione dal punto di vista sociale. Quindi chiaramente possiamo avere diversi tipi di italiano a seconda del contesto sociale all'interno del quale ci troviamo e ora sto facendo un video di natura divulgativa, uso un determinato tipo di italiano, ma non è l'unico italiano che so parlare. So parlare anche un italiano diciamo più popolareggiante se vogliamo, no, molto più, con molti più tratti slang. Chiaramente poi le diverse varietà vanno anche ad intersecarsi, no. C'è il mio italiano regionale che poi quindi il criterio diatopico che si mescola con il criterio socio diastratico, no. Quindi tratti regionali e tratti magari legati al contesto sociale in cui mi trovo all'età, dell'età appunto anche del parlante, quindi sono giovane; quindi, avrò un modo di parlare diverso rispetto a quello dei miei genitori, no. Ci sono parole che i miei genitori non conoscono e questa è la sociolinguistica questo quello che studia la sociolinguistica e poi ovviamente c'è anche il criterio d'osservazione di descrizione diamesica. Quindi la lingua varia anche a seconda del medium, del mezzo che utilizziamo per comunicare. Quindi nello scritto utilizzerò una lingua diversa da quella che utilizzo, no, nel parlato. Anche un parlato molto controllato come quello che sto utilizzando ora avrà dei tratti molto ... estremamente diverse rispetto a quello, no, di uno scritto controllato. E poi ci sono anche delle forme, no, intermedie, ad esempio la mail, chat. La mail, la chat hanno, soprattutto la chat, ad esempio è un contesto che ha caratteristiche tanto del parlato quanto dello scritto perché il medium è quello scritto, ma le caratteristiche sono diciamo le caratteristiche formali sono molto più simili a quelle di una lingua parlata, così come il linguaggio della mail. Quindi insomma questo per dire che... questo per far capire quanto non esista un tipo di italiano, esistono migliaia di italiani quindi noi in realtà quando parliamo l'italiano non parliamo una sola lingua, parliamo veramente una molteplicità di lingue. Questo è quello che la sociolinguistica ci ricorda e poi un altro aspetto importante della sociolinguistica... la sociolinguistica studia anche aspetti come la percezione, no, della lingua e lo stato sociale della lingua e le caratteristiche sociali proprio della lingua. Qual è il valore che ha parlare una determinata varietà. Perché parlare una determinata varietà in un contesto è sociolinguisticamente inappropriato. Perché parlare in italiano popolare o nel proprio italiano regionale o in un dialetto, o meglio lingua regionale, può risultare sconveniente in determinati contesti. Perché in altri contesti invece può risultare conveniente. Questo è quello che studia la sociolinguistica, va anche a vedere qual è la percezione della lingua da parte dei parlanti, va anche a studiare quali sono le, come dire, le misure politiche, le misure che la politica prende per tutelare la lingua, no, e quindi language policy, si va a studiare i tentativi di rivitalizzazione, no, che che avvengono all'interno di determinati contesti geografici. Quindi la sociolinguistica veramente è un panorama estremamente ampio e interessante. Penso di aver risposto alla domanda.

M: Anzi hai forse anticipato la risposta a molte domande che volevo farti.

A: Ok ok.

M: Allora, leggo le domande dal telefono e ti volevo chiedere, appunto, hai detto un sacco di cose veramente molto importanti e concetti veramente essenziali secondo me per tutte quelle persone che vogliono studiare una qualsiasi lingua. Appunto è importante secondo me quando ti vuoi approcciare a una nuova lingua, a una nuova cultura, non solo conoscere la grammatica, ma conoscere anche appunto i retroscena. Per diventare un parlante avanzato, un parlante appunto che sa gestire la lingua in tutte le situazioni, sarebbe bene appunto conoscere tutte queste sfumature e in base appunto tutto quello che hai detto ti volevo chiedere, che poi può sembrare una domanda veramente stupida, ma non lo è, che lingua si parla in Italia? Qual è la lingua degli italiani?

A: Allora, io farei una piccola correzione a questa domanda, chiederei che lingue si parlano in Italia, no, perché diciamo una generalizzazione che si tende a fare molto spesso, soprattutto io parlo per il contesto magari per il contesto americano, che è quello in cui vivo io, no, c'è la tendenza a vedere l'Europa come una serie di entità piuttosto monolitiche, no. In Italia si parla l'italiano, in Francia ci sono i francesi e in Spagna ci sono gli spagnoli, mentre spesso anche qui ad esempio il Dartmouth college, il dipartimento di linguistica per esempio fa molte ricerche su lingue minoritarie in ambito asiatico, ad esempio, o in ambito africano, magari con anche una vena di interesse esotico, no, c'è ancora la vena di esotismo in questo interesse e ci si dimentica molto spesso che in realtà l'Europa è un luogo estremamente vario ed eterogeneo, no, pur con tutto quello che è successo di brutto nel nostro passato, no, nell'ultimo secolo, che è stato sconvolto, no, da questa mania nazionalista di determinare dei confini precisi, no, con una unica etnia, un'unica religione, un unico popolo, un'unica lingua. L'Europa non è questo, l'Europa non è così e l'Italia non è assolutamente questo. Quindi già se parliamo dell'italiano, l'italiano si è la lingua nazionale, ma come già ho detto, nessuno parla lo stesso tipo di italiano. Tutti parliamo varietà diverse di italiano, le facciamo in intersecare tra loro. Questo non significa che non riusciamo a comunicare, a comprenderci tra di noi. Chiaramente però anche se a volte succede, no, che magari non... magari ci troviamo in difficoltà di fronte ad alcuni termini, ad alcune locuzione, ad alcune parole utilizzate da persone che parlano un italiano, una varietà regionale di italiano diversa dalla nostra e quindi direi che intanto, sì, la lingua nazionale è l'italiano e però ognuno parla un diverso tipo di italiano. Abbiamo gli italiani regionali, una persona della Lombardia parla un tipo di italiano diverso da una persona che viene dalla Campania. Sembra una cosa banale, ma non è così banale insomma perché appunto spesso, no, noi studiamo la lingua in modo prescrittivo. I nostri studenti studiano la lingua standard prescrittiva poi arrivano, vanno a Roma a fare il loro exchange e non capiscono niente. Non capiscono niente perché le persone parlano con un accento romano molto forte, no, mentre comunque oggigiorno la norma tende sempre di più ad avvicinarsi ad un parlato simil nord-italiano, diciamo, per questioni anche di natura di prestigio, di prestigio economico e culturale, diciamo. Milano è un po’ il centro dell'Italia oggigiorno, il centro anche della televisione, quindi la norma si sposta, si sta spostando sempre di più verso un parlato che ricalca caratteristiche tipologiche nord-italiane e specificamente lombarde. Quindi è normale che magari un tipo di pronuncia nord-italiana sia... risulti anche più comprensibile, con i dovuti distinguo, perché ci sono modalità di pronuncia nord-italiane molti difficili da comprendere. Nell'area bresciano bergamasca, in veneto, nelle zone alpine, insomma, ma sicuramente più... di più semplice comprensione rispetto a un accento romano o un accento napoletano particolarmente, ma è neanche troppo particolarmente accentuati, insomma. Quindi già c'è questa prima grande distinzione e poi abbiamo il grandissimo mondo delle lingue minoritarie e delle lingue regionali, conosciute, meglio conosciute purtroppo (aggiungo io) come dialetti. Quindi in Italia abbiamo dodici lingue di minoranza, quindi lo stato italiano riconosce all'interno del territorio italiano l'esistenza di 12 comunità linguistiche minoritarie. Quindi rispetto all'italiano che cosa comporta questo riconoscimento? Comporta la possibilità per queste comunità linguistiche di organizzarsi, di avere l'insegnamento di questa lingua nelle proprie scuole, di avere una segnaletica bilingue e non solo la segnaletica, ma anche appunto la scuola bilingue, di avere le delibere comunali bilingue, ma di avere tutta una serie di possibilità di valorizzare la propria lingua di minoranza. E sono tantissime, ne abbiamo tante nelle alpi dallo sloveno al ladino, abbiamo il tedesco, il francese, il franco-provenzale, l'occitano. In sud Italia abbiamo l'albanese, che è storicamente una lingua molto presente nel sud Italia, che si chiama arbereshe, c'è il griko, il greco abbiamo poi il sardo. Adesso sicuramente ne sto dimenticando... abbiamo il catalano anche in sardegna. Quindi veramente c'è una molteplicità... in Sicilia c'è il gallo-italico che sono sono delle lingue nord-italiane che sono state portate in Sicilia nel corso del medioevo. Il sud Italia c'è ancora l'occitano... Quindi veramente c'è una varietà linguistica enorme e quello che lo stato italiano non fa però è riconoscere tutta una serie di altre lingue che non hanno nulla di diverso, nulla da invidiare in termini diciamo di struttura linguistica alle lingue che invece sono riconosciute come lingue minoritarie, quelli che conosciamo in Italia come dialetti, no. Il dialetto napoletano, il dialetto veneziano, il dialetto milanese (dico milanese per non dire lombardo perché il milanese è diciamo la forma un po' più prestigiosa, più conosciuta e letteraria anche di lombardo), il dialetto siciliano. In realtà sono lingue dal punto di vista strutturale, non sono dialetti dell'italiano, non sono delle varietà dell'italiano. Sono, se vogliamo, dei dialetti del latino, ma così come l'italiano, il francese e lo spagnolo sono dialetti del latino, ma il veneziano e l'italiano sono due lingue distinte così come lo sono il catalano e lo spagnolo, no. Nessuno si sognerebbe più di dire che il catalano è un dialetto dello spagnolo. Mentre in Italia molte persone non hanno ancora capito, non hanno ancora chiaro che il veneziano, il napoletano sono lingue. Il problema è che lo stato italiano in questo caso ha fatto una specifica scelta di natura politica perché appunto la percezione di che cosa è una lingua, no, la percezione (ed entriamo nella sociolinguistica) la percezione di che cosa è una lingua non è... non si lega in questo caso a caratteristiche strutturali della lingua, perché il veneziano ha la sua grammatica il suo lessico separati dall'italiano pur simili perché entrambe vengono dal latino e solo in contiguità territoriale. Quindi ovvio che c'è anche un livello di intercomprensione. Ma sul piano diciamo strutturale al veneziano, al veneto non manca niente rispetto all'italiano. Quello che manca è sul piano politico, culturale. Il veneto, il veneziano non è riconosciuto dallo stato italiano come una lingua o meglio è riconosciuto come una lingua di serie B, quindi una lingua che non ha il diritto di essere insegnata a scuola, che non ha il diritto di essere utilizzata in determinati contesti e addirittura spesso questi dialetti o lingue regionali sono considerate, no, vengono considerate come delle varietà basse, delle varietà parlate da persone poco istruite, no. Oppure appunto delle varietà che in qualche modo, sì sono da valorizzare, ma sono comunque da mantenere in casa, no, sono percepite come un qualcosa, no, che noi utilizziamo per comunicare con la famiglia quando allo stesso tempo però il veneziano, il genovese, il napoletano, il siciliano sono lingue letterarie. Il veneziano è una lingua in cui è stata scritta letteratura, è una lingua che veniva utilizzata come lingua franca nel mediterraneo. Quindi farei molta attenzione a dire che il veneziano non ha il diritto di un riconoscimento culturale pari a quello dell'italiano. Il siciliano è la lingua in cui è stata scritta la prima letteratura in Italia. Farei molta attenzione a dire che il siciliano è inferiore rispetto all'Italiano. Di fatto è così dal punto di vista del riconoscimento politico. La stessa cosa succede in Francia. Le lingue minoritarie in Francia sono...adesso va beh la situazione è un po' cambiata, ma storicamente la Francia ha avuto modalità di trattare le lingue minoritarie molto molto poco inclusive e l'occitano è la lingua in cui è stata...è la prima lingua romanza, la prima lingua volgare diciamo derivata dal latino in cui abbiamo una letteratura. In Europa quindi dovremmo ricordarcelo questo, no, le prime letteratura le prime grandi letterature sono in lingue minoritarie, sono in occitano, sono in siciliano, no. Dante per scrivere la commedia si ispira alla lirica siciliana, voglio dire. Quindi insomma ancora, è tutto questo...questo proprio per dare l'idea di come è tutto così fluido, no, nella lingua e nella percezione del fenomeno lingua e ora mi fermo perché...perché si potrebbe parlare di questo per ore ore, no.

M: Esatto. E volevo solo fare una specificazione che per lingua volgare, chi non lo sapesse, non si intende una lingua rude cioè con il senso di volgare che diamo adesso la parola, ma lingua volgare è lingua del volgo, lingua del popolo. Al tempo ciò che non veniva usato dagli ecclesiastici, dalle persone che rivestivano un ruolo alto nella società, e ovvero il latino. Si distingueva diciamo il latino da tutto ciò che non era latino e appunto venivano chiamate lingue volgari. E quello che ha detto, di nuovo, è veramente super super importante. A me ha sempre affascinato tantissimo la citazione di (molto probabilmente non lo pronuncerò bene) Weinreich o qualcosa del genere, appunto ha detto disse che la lingua è un dialetto con un esercito e una marina, che appunto la distinzione tra lingua e dialetto, o lingua regionale, è semplicemente il prestigio dato da appunto una scelta politica o da una scelta strategica di un qualche tipo.

A: Sì esatto esatto. E molto spesso tra l'altro abbiamo lingue che dal punto di vista tipologico non sono altro che delle diverse varietà, no, della medesima lingua. Cioè il caso ad esempio del serbo, croato, bosniaco, montenegrino. Stiamo parlando sostanzialmente dal punto di vista tipologico della stessa lingua perché le caratteristiche strutturali che accomunano (adesso avremo una pioggia di commenti da parte dei nazionalisti balcanici, speriamo di no) però le caratteristiche strutturali che accomunano il croato, il serbo, il bosniaco, il montenegrino sono altissime. Cioè stiamo veramente parlando dello stesso sistema lingua all'interno del quale abbiamo diverse varietà e diversi standard, no. Chiaramente assurdo che un bosniaco mi venga a dire io parlo il serbo, no. Il bosniaco nella sua percezione parlerà il bosniaco, ma questa è una percezione di natura sociolinguistica, di natura politica e sociolinguistica. Dal punto di vista strutturale si tratta della stessa lingua, cioè, così come può succedere invece nel caso del tedesco, ma anche nel caso dell'inglese. In Austria, in Svizzera, in Germania si parla il tedesco e lo chiamano sempre tedesco, no. Non è che lo chiamano austriaco in Austria, però in Austria il tedesco ha una sua forma standard che lo distingue seppur leggermente dalla forma standard del tedesco di Germania perché abbiamo un tedesco austriaco e un tedesco di Germania, diciamo. Ma viene chiamato sempre tedesco. Ancora, è una distinzione di natura prettamente politica così come per l'inglese. Cioè il British English e l'American English potrebbero tranquillamente essere considerate due lingue diverse dal punto di vista sociolinguistico e politico. Se domani gli americani si svegliano e decidono che, no, noi parliamo lo statunitense, a nulla...nulla vieta loro di definire la propria lingua come statunitense. Peraltro, le differenze strutturali tra l'American English e il British English non sono per nulla inferiori rispetto alle differenze strutturali che ci sono tra il croato e il serbo. Quindi ancora una volta si tratta veramente di questioni politiche. Ma così come il rumeno e il moldavo, no. Non vorrei adesso essere impreciso perché non è il mio ambito di studio, ma mi sembra di ricordare che la lingua ufficiale della Moldavia, o della Moldova, non sia il rumeno, ma il moldavo, che null'altro è che il rumeno. Quindi chiaramente si tratta di distinzioni appunto di natura prettamente politica e hai detto molto bene, la lingua è un dialetto, no, con un esercito, una flotta e un esercito. Nel momento in cui un dialetto è sufficientemente forte e potente per auto definirsi come lingua lo fa. Tutte le varie lingue romanze più importanti che noi conosciamo di base sono dei dialetti del latino. Il dialetto toscano ha raggiunto un livello, no, di prestigio talmente alto grazie a Dante, Petrarca, Boccaccio che da dialetto, no, che da varietà del volgare parlato in una determinata zona è divenuto lingua, no. È quello che è successo magari al veneziano. Il veneziano da lingua è divenuta quasi dialetto. Qui in realtà i concetti, no, si vanno un po' a confondere perché nella percezione della linguistica italiana, no, abbiamo proprio questa distinzione chiara sociolinguistica e politica tra lingua e dialetto che appunto è proprio politica, non è linguistica. Linguisticamente parliamo di dialetto come di varietà, no, di una lingua. Quindi di base se vogliamo proprio andare, a come dire, portare proprio al limite il nostro ragionamento, i vari italiani regionali di base sono i veri dialetti dell'italiano, no. L'italiano regionale lombardo è un dialetto, no, dell'italiano se consideriamo dialetto dal punto di vista proprio linguistico strutturale.

M: Una cosa interessante, una cosa che mi è successa a me a livello personale è che appunto dimostra questa varietà che esiste in Italia è che per la prima volta a 15 anni quando sono uscita dalla mia regione e ho iniziato a fare amicizia in giro per tutta l'Italia, ho scoperto che parole per me comunissime e banali quasi, molte persone venete, trentine, siciliane o pugliesi non le avevano mai sentite e mi ricordo che io rimasi totalmente scioccata perché non mi rendevo conto che appunto l'italiano che parlavo io era un italiano prettamente localizzato, appunto, un italiano regionale un italiano specifico poi di Reggio Emilia e a maggior ragione quindi non tutti potevano conoscere le parole che usavo io. Parole poi in realtà specifiche e legate magari più al mondo della cucina o al mondo casalingo, perché poi magari sono quelle che cambiano di più in giro per tutta l'Italia. E rimasi ricordo scioccata.

A: Si è successo anche a me in Veneto che...io vengo dal Trentino che è attaccato al Veneto, ma è successo anche a me, no, di avere degli shock. Tipo la parola mizzo, se io ti dico tipo "sono mizzo" io pensavo che fosse una parola italiana.

M: Ah, io non so cosa voglia dire!

A: Sono fradicio, bagnato fradicio e addirittura si può dire "sono mizzo patocco".

M: Patocco lo capisco.

A: Perché in dialetto trentino si dice "son miz patoc" e io per anni sono stato convinto che mizzo fosse una parola italiana, magari sì un po' borderline, non necessariamente proprio...non necessariamente aulica però si pensavo fosse intercomprensibile.

M: Certo! Così come per me la parola gnolare o fare le gnole. Tu sai cosa vuol dire?

A: Non ne ho idea, no. 

M: Ok, ho scoperto poi tipo un anno fa che in realtà è una parola regionale dell'Emilia Romagna.

A: Cosa vuol dire?

M: E significa... è praticamente quando il bambino piange perché vuole il gelato a tutti i costi, ma il genitore non glielo dà perché non gli fa bene, ad esempio, e il bambino fa le gnole, il bambino gnola. E quindi è tipo fare i capricci.

A: Ho capito, ho capito. Noi abbiamo una cosa simile però non nell'italiano regionale, ma proprio in dialetto sgnaolar. Che si fare appunto capricci.

M: Sì, esatto.

A: In questo senso perché noi veniamo da due regioni di comunque del nord Italia dove comunque i nostri le nostre lingue regionali, no, sono tipologicamente affini e quindi abbiamo comunque una comunanza lessicale, morfologica, fonetica. Anche se devo dire l'emiliano e romagnolo sul piano fonetico sono abbastanza distinti dal veneto, dal veneziano (perché il dialetto trentino è una varietà del veneto, del veneziano). Però sì, diciamo tipologicamente sono affini quindi c'è anche una certa intercomprensibilità.

M: Sì, esatto. E poi a proposito della fonetica e della fonologia cioè appunto di come parliamo….

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